giovedì 4 aprile 2013

Lezione VI - Il conto economico



Se vogliamo fare gli artigiani dobbiamo molto alla svelta imparare a fare i conti: è una faccenda tutt'altro che banale.
Il mondo è complicato e l'organizzazione dello Stato complessa: ci si aspetta che il bravo artigiano sappia fare molte cose. Noi cercheremo di restare ad un livello elementare, guardando il nostro ombelico di pizzaioli.
Cominciamo dal prodotto. Da qualche parte avete una scheda con su scritto i prezzi al kg degli ingredienti, a questo aggiungiamo l'ammortamento dei macchinari, i costi medi delle utenze/ affitti e la retribuzione che considerate ragionevole, adeguata al vostro impegno. Da qui si parte.
La cosa che salta agli occhi è che nell'alimentare in genere e nella pizzeria in particolare, i ricarichi sono molto soddisfacenti, quindi il nostro margine è piuttosto ampio nell'imparare e implementare buone prassi, legate al minor spreco, l'ottimizzazione dei tempi e il presidio del mercato.
Purtroppo si tratta di un'impressione solo parzialmente vera.
Il mercato è molto esigente, in termini di servizi, collocazione, scelte di marketing: è molto presidiato e lo sarà sempre di più, con operatori molto professionali da una parte e imprenditori disponibili a molti e molti sacrifici, dall'altra.
Lo Stato è molto esigente.
Si aspetta da voi che sappiate pianificare nel lungo periodo, perchè chiede pagamenti numerosi e sfalzati;
si aspetta che siate disponibili alla formazione continua, per la sicurezza degli alimenti e del lavoro;
si aspetta che circa due terzi di quello che guadagnate siate disposti a mollarglielo;
si aspetta che cerchiate di fregarlo.
Il sistema di distribuzione delle merci è molto esigente, raramente vi darà quel che cercate, ad esempio in termini di filiera corta o di tracciabilità dei prodotti, mentre cercherà di rifilarvi qualsiasi cosa al prezzo più alto possibile. Questo almeno fino a quando la crisi non ne provocherà la necessaria modernizzazione.
Quindi: sapere bene quel che si fa e non lasciare niente al caso.
La cosa non è per niente facile per la maggior parte di noi, che magari veniamo da situazioni di disagio o di esclusione sociale ma anche, più semplicemente da situazioni di lavoro subalterno più o meno precario o se volete, da famiglie che con la dimensione dell'intraprendere non si sono misurate o lo hanno fatto in anni di vacche grasse.
La congiuntura che occupiamo noi è pessima, soldi ne girano pochi: questo ci obbliga ad esser molto bravi.
Il mercato della ristorazione è un mercato a cui si affaccia un gran numero di persone: come si diceva i ricarichi sono soddisfacenti e più o meno tutti pensiamo di saper far da mangiare. In quasi tutte le tavolate, tra parenti o tra amici, ci sarà sempre qualcuno che "se volesse" o "se avesse voluto", farebbe o avrebbe fatto fortuna.
Avviare un laboratorio con annessa vendita diretta comporta un investimento che negli anni è diventato accessibile, per una pizzeria parliamo di una cifra attorno ai 60mila euro, ma appunto perchè c'è tanta concorrenza occorre prestare molta attenzione al collocamento, sia in termini di luogo che di prezzo che di offerta.
La pizza è un prodotto popolare pertanto la collocazione deve essere pratica, per chi si muove in auto, con poco tempo o prole al seguito: si può essere difficili da raggiungere solo con una proposta molto particolare, irripetibile altrove.
Abbiamo parlato del fatto che la tipologia “locale per famiglie” è quella che può incontrare successo, sia nella chiave del take away, sia nel “servito”: la pizza in genere in famiglia piace a tutti, ma non sono molti i locali con un’ offerta rivolta specificatamente, anche se tutti sappiamo che sono i figli a condizionare nel bene e nel male molte scelte d’acquisto.
La pizza è un prodotto popolare, quindi anche il prezzo, l’allestimento del locale, le suppellettili, il packaging devono rispecchiare questa impostazione. In pizzeria il pasto è economico e ci aspetta solo cortesia e rapidità, quindi occorre sfrondare il più possibile il cerimoniale della ristorazione tradizionale: è vero che noi aretini siamo sempre un po’ in ritardo, ma se osserviamo i locali di successo e guardiamo alle nostre case, ai nuovi modi di consumare il cibo, agli stili di vita contemporanei, abbiamo a disposizione alcune regolette generali.
1)      Si fa caso a salubrità e tenore calorico del cibo
2)      Apparecchiatura ( del tavolo ) e confezionamento sono cose distinte: alla prima si è disposti a fare molte concessioni, nei confronti della seconda ci sono molte aspettative
3)      Faccio caso alla singola voce di prezzo, ma sono molto disponibile nei confronti della spesa massima ( se non ne percepisco la composizione )
4)      La liturgia del pasto primo-secondo-contorno appartiene al passato
5)      Mi interessa la tracciabilità dei prodotti
6)      I locali hanno un tempo di vita piuttosto breve: nascita, crescita, maturità, decadenza, morte. Dopo due anni ci avrete guadagnato, dopo il terzo cominciate a rimetterci. Conviene non affezionarsi troppo alle proprie iniziative imprenditoriali.

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