Se vogliamo fare gli artigiani dobbiamo molto alla svelta imparare a
fare i conti: è una faccenda tutt'altro che banale.
Il mondo è complicato e l'organizzazione dello Stato complessa: ci si
aspetta che il bravo artigiano sappia fare molte cose. Noi cercheremo di
restare ad un livello elementare, guardando il nostro ombelico di pizzaioli.
Cominciamo dal prodotto. Da qualche parte avete una scheda con su
scritto i prezzi al kg degli ingredienti, a questo aggiungiamo l'ammortamento
dei macchinari, i costi medi delle utenze/ affitti e la retribuzione che
considerate ragionevole, adeguata al vostro impegno. Da qui si parte.
La cosa che salta agli occhi è che nell'alimentare in genere e nella
pizzeria in particolare, i ricarichi sono molto soddisfacenti, quindi il nostro
margine è piuttosto ampio nell'imparare e implementare buone prassi, legate al
minor spreco, l'ottimizzazione dei tempi e il presidio del mercato.
Purtroppo si tratta di un'impressione solo parzialmente vera.
Il mercato è molto esigente, in termini di servizi, collocazione, scelte
di marketing: è molto presidiato e lo sarà sempre di più, con operatori molto
professionali da una parte e imprenditori disponibili a molti e molti
sacrifici, dall'altra.
Lo Stato è molto esigente.
Si aspetta da voi che sappiate pianificare nel lungo periodo, perchè
chiede pagamenti numerosi e sfalzati;
si aspetta che siate disponibili alla formazione continua, per la
sicurezza degli alimenti e del lavoro;
si aspetta che circa due terzi di quello che guadagnate siate disposti a
mollarglielo;
si aspetta che cerchiate di fregarlo.
Il sistema di distribuzione delle merci è molto esigente, raramente vi
darà quel che cercate, ad esempio in termini di filiera corta o di
tracciabilità dei prodotti, mentre cercherà di rifilarvi qualsiasi cosa al
prezzo più alto possibile. Questo almeno fino a quando la crisi non ne
provocherà la necessaria modernizzazione.
Quindi: sapere bene quel che si fa e non lasciare niente al caso.
La cosa non è per niente facile per la maggior parte di noi, che magari
veniamo da situazioni di disagio o di esclusione sociale ma anche, più
semplicemente da situazioni di lavoro subalterno più o meno precario o se
volete, da famiglie che con la dimensione dell'intraprendere non si sono
misurate o lo hanno fatto in anni di vacche grasse.
La congiuntura che occupiamo noi è pessima, soldi ne girano pochi:
questo ci obbliga ad esser molto bravi.
Il mercato della ristorazione è un mercato a cui si affaccia un gran
numero di persone: come si diceva i ricarichi sono soddisfacenti e più o meno
tutti pensiamo di saper far da mangiare. In quasi tutte le tavolate, tra
parenti o tra amici, ci sarà sempre qualcuno che "se volesse" o
"se avesse voluto", farebbe o avrebbe fatto fortuna.
Avviare un laboratorio con annessa vendita diretta comporta un
investimento che negli anni è diventato accessibile, per una pizzeria parliamo
di una cifra attorno ai 60mila euro, ma appunto perchè c'è tanta concorrenza
occorre prestare molta attenzione al collocamento, sia in termini di luogo che
di prezzo che di offerta.
La pizza è un prodotto popolare pertanto la collocazione deve essere
pratica, per chi si muove in auto, con poco tempo o prole al seguito: si può
essere difficili da raggiungere solo con una proposta molto particolare,
irripetibile altrove.
Abbiamo parlato del fatto che la tipologia “locale per famiglie” è
quella che può incontrare successo, sia nella chiave del take away, sia nel “servito”:
la pizza in genere in famiglia piace a tutti, ma non sono molti i locali con un’
offerta rivolta specificatamente, anche se tutti sappiamo che sono i figli a
condizionare nel bene e nel male molte scelte d’acquisto.
La pizza è un prodotto popolare, quindi anche il prezzo, l’allestimento
del locale, le suppellettili, il packaging devono rispecchiare questa
impostazione. In pizzeria il pasto è economico e ci aspetta solo cortesia e
rapidità, quindi occorre sfrondare il più possibile il cerimoniale della ristorazione
tradizionale: è vero che noi aretini siamo sempre un po’ in ritardo, ma se
osserviamo i locali di successo e guardiamo alle nostre case, ai nuovi modi di
consumare il cibo, agli stili di vita contemporanei, abbiamo a disposizione
alcune regolette generali.
1)
Si fa caso a salubrità e tenore calorico del cibo
2)
Apparecchiatura ( del tavolo ) e confezionamento sono cose distinte:
alla prima si è disposti a fare molte concessioni, nei confronti della seconda
ci sono molte aspettative
3)
Faccio caso alla singola voce di prezzo, ma sono molto disponibile nei
confronti della spesa massima ( se non ne percepisco la composizione )
4)
La liturgia del pasto primo-secondo-contorno appartiene al passato
5)
Mi interessa la tracciabilità dei prodotti
6)
I locali hanno un tempo di vita piuttosto breve: nascita, crescita,
maturità, decadenza, morte. Dopo due anni ci avrete guadagnato, dopo il terzo
cominciate a rimetterci. Conviene non affezionarsi troppo alle proprie
iniziative imprenditoriali.
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