giovedì 4 aprile 2013

Lezione VIII – Il laboratorio, i condimenti, la vendita


Alla base della buona pizza, ci sono buone materie prime. La salsa di pomodoro si prepara con anticipo già condita: io prediligo i pelati frullati perché hanno una buona consistenze ed una buona acidità.
La salsa di pomodoro non deve avere troppo corpo, in genere diffido dalle passate: costano meno ma di solito sono dolciastre e si stendono meno bene.
Il pomodoro conserva un segreto per la sua appetibilità: oltre al colore, al sapore dolce-salato, alla sua presenza importante nella nostra tradizione gastronomica, l’altro segreto è la glutammina. Eccita la nostra sensibilità al sapido.
Sulla mozzarella l’industria alimentare mette a disposizione una gamma molto ampia di prodotti. Io preferisco le mozzarelle e i formaggi a pasta filata asciutti, perché più facili da gestire e con un buon gusto.
Sulla pizza si potrebbe mettere anche il prodotto “a bagno” avendo l’accortezza di farlo cuocere meno del resto della pizza, che come è noto cuoce a temperature molto elevate; si rischia di servire una cosa rinsecchita e che non fila più o che non si è amalgamata agli altri ingredienti, per cui quando la si mangia a morsi vien via tutta insieme.
I salumi.
Sui salumi come sulla mozzarella, l’industria della sofisticazione si è sbizzarrita; allo stato attuale gli insaccati sono forse i prodotti sulla cui salubrità ci sono più dubbi:
dubbia la provenienza delle carni,
dubbia la quantità di fosfati e nitrati usata per garantirne la conservazione,
dubbie le liste degli ingredienti,
dubbissimi i prezzi al chilo.
Ciò non toglie che a noi piacciono molto ( e non solo a noi ).
Verdure e funghi.
Anche qui c’è il problema ma per certi versi è più facile la soluzione: il prodotto fresco.
I formaggi.
Praticamente ci si possono metter tutti. Stracchino, scamorza, gorgonzola, fontina, brie, taleggio, grana, sono i più gettonati.
Il pesce.
No.


Presentazione e vendita.
 Alcune premesse.
Uno dei pregi della pizza come prodotto da ristorazione, è che è difficile sbagliarla e dura a lungo. In linea di massima aspiriamo a servire ai clienti un prodotto d’aspetto gradevole, ben cotto ma non bruciacchiato, con il condimento ben distribuito. Non serve essere particolarmente generosi: troppo pomodoro o troppa mozzarella, renderanno più complicata la cottura o la gestione dell’infornata. La pizza è buona com’è, senza strafare.
Una pallina di impasto per una pizza standard ( 33 cm ) non supera i due etti, almeno da noi. Un giorno sarà interessante approfondire come a Napoli la pizza è cibo di strada e deve soddisfare molto costando poco, mentre altrove è cibo più voluttuario o addirittura da ristorante; da noi è relativamente poco tempo che è entrata nelle abitudini e lo ha fatto come prodotto da panetteria da una parte –impasti del pane stesi in teglia conditi grossolanamente- e nella forma sottile che ad Arezzo va per la maggiore. C’è una forma di reticenza cultural-gastronomica ai prodotti elaborati e alle preparazioni macchinose: in fin dei conti le nostre radici rurali non son così lontane.
A partire dalla seconda metà degli anni ’90 anche ad Arezzo si è imposta la tipologia di negozio, bottega artigianale con vendita: questo ha fatto si che le ultime resistenze in termini di abitudini alimentari siano state abbattute e la pizza è entrata di prepotenza nel paniere.
La pizzeria è l’unica tipologia di laboratorio artigianale in cui non è necessaria separazione tra preparazione e vendita, vedremo più avanti come il pericolo rappresentato dalle tosso-infezioni sia modesto; ciò che ci preme sottolineare è come sia parte del senso comune che la preparazione della pizza si vede: non c’è trucco, non c’è inganno.
Bene, mettiamoci in mostra: l’abilità manuale, il garbo e la misura nei gesti, l’energia del fuoco. Tutto a vista, anche il sudore.
E pochi fronzoli. Piatti in ceramica bianchi o scatole in cartone. La pizza è piatto popolare, la ricercatezza è nei modi e nei contenuti, non nella confezione; ma allo stesso tempo non segmentare i target sarebbe da sciocchi.
Noi dobbiamo avere un’idea più precisa possibile del nostro pubblico.
Chi mangia la pizza vuole spender poco, mai e poi mai abbinarci bevande o piatti costosi o presentazioni che non siano focalizzate sulla praticità. La pizza non è un prodotto da assaggio o da degustazione: la ordini come pietanza principale, accanto ci possono stare solo dei trastulli. Primi piatti semplici, crostini, fritti, dolcetti: tutta la gamma dei finger foods, può essere abbinata, la pizza nasce in strada, ripiegata in quattro e mangiata in piedi.

Nessun commento:

Posta un commento